Gli uccelli, in generale, possono essere un simbolo di libertà. I gabbiani, vengono considerati dei simboli d’inquietudine, ma anche di eleganza e luce, e grazie a due libri, Il gabbiano Jonathan Livingston e Storia di una gabbianella e di un gatto che le insegnò a volare, si possono associare alla libertà.

I miti

Secondo gli indios della Colomia, gli Lilloet, il gabbiano, ai tempi del mito, era proprietario del giorno, che chiudeva gelosamente in una scatola, finché un corvo riuscì a sottrargliela, per regalarla agli uomini. Ma nello stesso mito, sembra che i due uccelli, a bordo di una barca, partirono alla conquista del fuoco.

Un’altra storia che vede protagonista il gabbiano è una favola di Esopo, in cui questo uccello, il rovo ed un pipistrello. Questi tre animali, decisero di mettersi in società, per vendere della merce: il pipistrello mise del denaro prestato, il rovo delle stoffe ed il gabbiano il rame. I tre s’imbarcarono, ma dopo una tempesta persero la merce. Da allora, il pipistrello si nasconde nelle grotte, per sfuggire ai suoi creditori, il rovo si aggrappa ai vestiti per trovare la sua stoffa e il gabbiano continua a cercare in mare il rame.

Nonostante storie di questo genere, il gabbiano non è un animale molto successo, se non con quelli della sua stessa specie, ed è un uccello aggressivo, ma anche molto forte, vista la forza che ha nelle ali e la sua capacità di poter stare senza cibo per dei giorni.

Un gabbiano di nome Jonathan

Il gabbiano Jonathan Livingston, nato dalla penna dell’aviatore e scrittore statunitense Richard Bach, uscì nel 1970, ed è ancora oggi un noto romanzo breve.

La trama narra di un gabbiano, Jonathan Livingston, che a differenza degli altri gabbiani, che volano solo per mangiare e migrare, vuole dispiegare le ali per sentirsi libero. Sebbene questo gli costi l’esilio dal suo stormo, lui non smette mai di migliorarsi e si crea una cerchia di allievi.

Alla fine del libro, Jonathan lascerà il suo stormo ad uno dei suoi allievi, Fletcher, dapprima smarrito e confuso, ma che guardando i suoi compagni decide di essere un mentore e continuare ad imparare.

Una gabbianella di nome Fortunata

Non meno commovente e toccante del libro di Bach è quello di Luis Sepùlveda, scrittore e giornalista cileno, Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, pubblicato nel 1996, che negli anni è stato proposto come libro di testo nelle scuole elementari e medie, in Italia, e due anni dopo, divenne un film d’animazione, girato da Enzo d’Alò.

Questo romanzo parla di una gabbiana, Kengah, che muore dopo essere investita in mare da un’ondata di petrololio, e che atterrà, malridotta, sul balcone del gatto Zorba, che in quel momento è da solo nella sua casa ad Amburgo perché i padroni sono in vacanza. Con le sue ultime forze, la gabbiana gli chiede di occuparsi del suo uovo, di prendersene cura fino a che non nascerà il pulcino e di insegnare a quest’ultimo a volare.

Zorba promette e nonostante tutto, con l’aiuto di altri suoi amici gatti, riesce a mantenere la promessa fatta alla gabbiana e chiama la giovane figlia di quest’ultima Fortunata, perché la piccola ha avuto la fortuna di nascere sotto la protezione dei gatti del porto.

Entrambi questi due romanzi, che a leggere sembrano due favole, toccano temi profondi, come la voglia di migliorarsi, di spingersi oltre ai propri limiti e di superare le difficoltà, nonché le diversità (come insegna la storia di Zorba e Fortunata). Leggendo queste storie, è impossibile pensare ai gabbiani come ad un simbolo di libertà, e a prendere la vita come fanno questi animali: spiegando bene le proprie “ali”.

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