E’ vero che il cane è il miglior amico dell’uomo, ma i gatti, a differenza di quanto credono molti, non sono da meno. Non sono espansivi quanto i cani, ma non per questo non sanno dare meno affetto ai loro padroni e, come ogni animale domestico, bisogna fare attenzione alla loro salute, soprattutto per quanto riguarda una procedura come la sterilizzazione.

Perché sterilizzarli?

E’ bene capire cosa comporta per le sterilizzazioni per questi animali, che sono differenti per maschi e femmine. Il maschio, di solito, viene sterilizzato per prevenire dei comportamenti molesti, che non giovano alla convivenza con l’uomo, come marcare il territorio urinando oppure per le competizioni con gli altri maschi. La sterilizzazione, in questo, non è necessaria solo per comodità del padrone, ma anche per evitare al proprio amico a quattro zampe dello stress.

Per quanto riguarda le femmine, anche loro possono soffrire di stress, dovuto soprattutto all’ovulazione, che può portare all’insorgenza di malattie gravi, come delle infiammazioni, dei tumori o dei danni al fegato. Persino il loro umore, può risentirne (che in fondo è quello che succede a molte donne durante il periodo del ciclo, per via del cambiamento ormonale).

Se un gatto non si accoppia, può soffrire molto, perché per lui o lei è un impulso irrefrenabile, e non soddisfarlo (chiudendolo in casa), può portarlo a una vera sensazione di malessere.

Cosa bisogna sapere sull’intervento

La sterilizzazione, che consiste nell’asportare i testicoli e le ovaie dell’animale o neutralizzare le loro funzioni con dei farmaci, è un intervento di routine per i veterinari. Una volta che il gatto verrà riportato a casa, ci sarà un periodo di convalescenza, che può variare a seconda della sua età e di altri fattori fisici (per le femmine potrebbe volerci più tempo), che passerà quando riprenderanno il controllo del loro corpo. In questo periodo di tempo, il gatto o la gatta dovranno assumere i farmaci prescritti dal veterinario.

Finita la convalescenza, il gatto potrebbe ingrassare, dato che gli ormoni sessuali hanno un ruolo nel processo di assimilazione dei grassi. I gatti di casi, in particolare, tendono a fare meno movimento e ad impigrirsi, soprattutto se non hanno molti stimoli nella loro quotidianità.

La gatta deve fare almeno una cucciolata?

In molti se lo chiedono, ma è una credenza infondata che la gatta debba partorire almeno una volta. La sterilizzazione, infatti, può essere eseguita anche dopo pochi mesi di vita.

Se, comunque, si decide di lasciar accoppiare la propria gatta, almeno una volta, si dovrà tenere presente che quest’ultima affronterà un momento molto delicato (come tutte le madri, umane ed animali), e ci prende una grande responsabilità.

Ci si dovrà procurare il necessario sia per la gravidanza, che per il parto e l’allattamento. Si dovranno seguire tutti i consigli del veterinario, nelle nove settimane di gestazione, ed il parto si dovrà tenere in un luogo tranquillo, lontano dalla televisione o dal corridoio.

In media, una gatta partorisce dai quattro ai sei cuccioli, in quattro o cinque ore, ma si sono registrate anche delle nascite da record, come quella di una gatta burmese, che nel 1970 diede alla luce diciannove cuccioli, con un parto cesareo.

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